Carlo Cignani

(Bologna, 1628 - Forli', 1719)

Dian Bathing, c. 1675

425 x 284 mm (167.32 x 111.81 inches)

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Carlo Cignani

(Bologna, 1628 - Forli', 1719)

Diana al Bagno, c. 1675

425 x 284 mm (167.32 x 111.81 inches)

Rif: 0264

Provenienza: Alfredo Viggiano, (L.191a)

Descrizione:

Una divinità femminile viene descritta mentre è accovacciata a terra: con la mano destra si copre pudicamente le nudità, mentre con l’altra pare stringere il manto sul quale poggia. Il volto chino comunica un sentimento di intima meditazione, quasi che la dea fosse colta dal nostro sguardo furtivo in un istante di ignara solitudine.

Il soggetto di questo bel disegno può essere individuato nella favola ovidiana di Diana al bagno (Metamorfosi, III, 138-253): il mito racconta che la dea si stava immergendo in uno specchio d’acqua – e nel disegno appare appunto in procinto di bagnare il piede – quando venne sorpresa dal cacciatore Atteone, che alzò lo sguardo verso di lei nuda. Per punire l’oltraggio del giovane, Diana gli spruzzo dell’acqua sul viso, tramutandolo di colpo in cervo e facendolo dunque sbranare dai suoi stessi cani. Il racconto di Ovidio rimase nei secoli come esempio della punizione del desiderio, incarnato dalla divinità, e dunque come chiara allegoria della vanitas dei piaceri terreni.

Il foglio è una sottile prova dell’ingegno di Carlo Cignani, uno dei più grandi artisti italiani della seconda metà del XVII secolo[i]. Nato a Bologna e formato presso la bottega di Francesco Albani, Cignani diviene presto il testimone di più alto livello della tradizione emiliana: assiduo studioso dei modelli di Correggio e di Annibale Carracci, il pittore incarna la sensibilità barocca in un’accezione spiccatamente bolognese, unendovi pure suggestioni classiciste che gli provenivano dalle opere di Guido Reni e dei suoi allievi. Il disegno in esame è facilmente confrontabile con uno dei capolavori della grafica di Cignani: la Venere distesa, già parte del corpus del ‘Codice Bonola’, giunta nel 1953 nelle raccolte del Museo Nazionale di Varsavia (inv. Rys.Ob.d.94)[ii], e preparatoria per una composizione replicata in diverse tele da parte dell’artista[iii]. Emerge, sia nel foglio di Varsavia che nel nostro, una spiccata sensibilità luminosa che si traduce nei morbidi chiaroscuri del pastello, a definire suggestive ombre sul collo e sul seno della dea. La spigliatezza espressiva di Cignani è qui quella della prima maturità: una datazione della Diana all’ottavo decennio, subito prima degli affreschi di Palazzo del Giardino a Parma, appare dunque la più plausibile.

 

 

 

 



[i] Sul pittore si veda: S. Vitelli Buscaroli, Carlo Cignani (1628-1719), Bologna 1953; R. Roli, Pittura bolognese 1650-1800. Dal Cignani ai Gandolfi, Bologna 1977, pp. 95-98, 241-243; B. Buscaroli Fabbri, Carlo Cignani. Affreschi, dipinti, disegni, Bologna 1991; D. Benati, M. Solferini, "Maniera grande" e "inarrivabile colorito" in Carlo Cignani, in “Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia”, XI, 2019, 1, pp. 95-121, 365-370.

[ii] M. MroziÅ„ska, in I disegni del Codice Bonola del Museo di Varsavia, a cura della stessa, catalogo della mostra (Venezia, Fondazione Giorgio Cini), Venezia 1959, pp. 110-112, n. 94.

[iii] Fra le diverse redazioni su tela della Venere con amorini si segnala quella della collezione della Cassa dei Risparmi di Forlì.

Per maggiori referenze: Alfredo Viggiano, (L.191a)