Jacopo del Sellaio

(Firenze 1441/2 - 1493 Firenze)

Madonna col Bambino, c. 1480

tempera su tavola, 91 x 51 cm (35.83 x 20.08 inches)

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Jacopo del Sellaio

(Firenze 1441/2 - 1493 Firenze)

Madonna col Bambino, c. 1480

tempera su tavola, 91 x 51 cm (35.83 x 20.08 inches)

Rif: 738

Bibliografia:

Bologna, Alma Mater Studiorum, Fondazione Federico Zeri, Fototeca: busta 0179 (Pittura italiana sec. XV. Firenze. Jacopo del Sellaio, Maestro di Santo Spirito), fascicolo 2 (Jacopo del Sellaio: Madonne con Bambino, angeli o santi 1), scheda n. 17106.

In un paesaggio non lontano dal corso di un fiume - attraversato da uno stretto ponte di legno – la Vergine, descritta a figura intera, congiunge le mani in preghiera verso il Bambino; questi da parte sua, accovacciato a terra su un lembo del mantello della madre, protende le mani verso di lei, con un gesto di amore domestico che stempera la sacralità del tema dell’Adorazione. In secondo piano sulla sinistra, si dispiega un corteo festoso di fanti e cavalieri riccamente abbigliati, che paiono scendere dalla montagna verso il fiume (e oltre il ponte) per omaggiare la nascita del Salvatore.

La tipologia di questa composizione, una delle più diffuse nella pittura devozionale in Toscana nella seconda metà  del Quattrocento, trova la sua origine testuale in una delle Rivelazionidi Santa Brigida di Svezia[i]: la religiosa scandinava, fondatrice dell’Ordine di San Salvatore, aveva avuto una visione miracolosa della Natività durante un pellegrinaggio in Terra Santa. Tornata a Roma, dettò le memorie delle sue estasi che divennero, grazie anche all’impulso della sua seguace e amica Caterina da Siena, un libello di larghissima fama. Scrive Brigida: “Ho visto il bambino glorioso steso a terra nudo e splendente. Il suo corpo era puro da ogni tipo di terreno e impurità. Poi ho sentito anche il canto degli angeli, che era di miracolosa dolcezza e di grande bellezza”. Il miracolo della Natività per la santa si esprime dunque attraverso il corpo nudo, incorrotto e luminoso, di Gesù appena partorito, cui la madre si rivolge in preghiera. Traggono spunto da questa immagine le due celebri Adorazionidi Filippo Lippi – quella eseguita per l’altare della Cappella dei Magi in Palazzo Medici a Firenze (oggi alla Gemäldegalerie di Berlino) e la seconda, per una cella del monastero di Camaldoli (Firenze, Galleria degli Uffizi)[ii]– capofila di una tradizione iconografica che vede emergere veri e propri pittori ‘specialisti’ di questo soggetto: moltissime sono le Adorazioni, assai dipendenti dai prototipi di Lippi, del maestro conosciuto come lo Pseudo Pierfrancesco Fiorentino (in realtà come precisa Zeri non si tratterebbe in questo caso di un solo artista, bensì di una bottega che si trovava a lavorare su cartoni e modelli di Frate Filippo e del Pesellino)[iii]; come anche frequenti sono le redazioni da parte di Agnolo di Domenico di Donnino (noto anche come il ‘Maestro di Santo Spirito’), del Maestro della Natività Johnson e, soprattutto, di Francesco Botticini[iv]. Ma l’artista più importante che si sia cimentato più volte col tema è senza dubbio Jacopo del Sellaio, autore nondimeno anche del dipinto preso qui in esame.

Jacopo di Arcangelo, detto ‘del Sellaio’ in virtù del mestiere del padre, produttore appunto di selle, era nato a Firenze nel 1441[v]. Introdotto dalla famiglia nella società delle Confraternite[vi]– il padre Arcangelo era membro attivo di quelle di Santa Maria del Carmine e San Frediano – a partire dal 1472 è documentato come artista, prima da solo e più avanti in società con il più anziano Filippo di Giuliano (questi oggi identificato con il pittore già noto come il Maestro dell’Epifania di Fiesole). Tuttavia questa fu solo la prima di una serie di collaborazioni che nell’arco di due decenni lo videro attivo al fianco di Biagio d’Antonio, Bartolomeo di Giovanni e Sandro Botticelli. Jacopo, formato verosimilmente nella bottega di Lippi – come sostiene Vasari –, diventa così uno dei maestri di riferimento della pittura fiorentina del secondo Quattrocento; in particolare di quella ‘civiltà delle botteghe’, caratterizzata spesso dalla reiterazione – e quindi dalla diffusione capillare presso una committenza piuttosto larga –, dei moduli formali sperimentati dai maestri della generazione precedente, in opere divenute immediatamente dei paradigmi di eleganza e distinzione.

In quella che probabilmente è la più celebre delle Madonne in adorazione del Bambinodi Jacopo, la tavola oggi al Walters Art Museum di Baltimora (inv. 37754), il modello di Lippi della Cappella Medici è aggiornato attraverso una tenuta più sintetica: il san Giovannino, anziché rivolgere lo sguardo verso l’osservatore, nella tavola del Sellajo si unisce in preghiera alla Vergine, mettendo in risalto in questo modo l’indole ancor più devozionale della scena descritta[vii]. Jacopo trae spunto in definitiva dal precedente lippesco per dare forma a una nuova iconografia, replicata poi con tante varianti – ad esempio con l’eliminazione della figura del Battista o più di rado con la sua sostituzione con il profilo del medesimo santo, ma da adolescente. In queste tavole è sempre notevole l’attenzione che l’artista dedica al paesaggio, che prende vita grazie all’intercessione divina ed è sovente rigoglioso e rischiarato da un cielo limpido. In alcune redazioni, come quella raffigurata nel nostro dipinto e quella della tavola già della collezione John G. Johnson e oggi al Philadephia Museum of Art[viii]– opera questa che può essere considerata il confronto più probante per ribadire il riferimento a Jacopo della tavola qui in esame – vi è l’esplicito contrasto tra le rocce spoglie delle montagne sul fondo e il prato lussureggiante coi fiori appena dischiusi in primo piano. Ma se nel dipinto di Philadelphia a percorrere le vie che scendono dalle balze sono le figure isolate del Battista (adulto) e di San Girolamo, e più indietro dei pastori e dei Magi, qui si tratta di un vero e proprio corteo di ispirazione classica. Il pensiero va ai Trionfi inseriti da Jacopo nelle fronti di cassoni da lui eseguiti soprattutto all’epoca della collaborazione con Bartolomeo di Giovanni. Il medesimo ritmo cadenzato dei profili di fanti e cavalieri è riscontrabile nelle figure del pannello con la Riconciliazione tra Romani e Sabini, sempre proveniente dalla collezione Johnson[ix], e più in generale sottintende la disposizione da parte dell’artista a inserire elementi del suo repertorio classico pure in opere di diversa indole.

Del resto la capacità di affrontare temi diversi con la medesima ragione formale narrativa e aneddotica – ma al tempo stesso con un alto senso della forma che rinvia a presupposti intellettuali neoplatonici –, è una delle prerogative dell’arte di Jacopo, nonché la più verosimile delle ragioni della sua fama. Nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, i rimandi alla cultura latina erano indispensabili persino nelle opere destinate alla devozione privata; e Jacopo, con la sua tenuta più discorsiva ed accostante rispetto all’amico Sandro Botticelli, poteva risultare certamente il portavoce più abile nel divulgare i modelli di quest’altissima stagione culturale.

La tavola in esame si trovava a Parigi presso la Galerie D’Atri nel gennaio del 1949. In quella data, in una comunicazione scritta, Lionello Venturi ne proponeva l’attribuzione a Jacopo del Sellajo. Il riferimento è condiviso da Federico Zeri, che inserisce l’immagine del dipinto nella relativa cartella della sua fototeca[x].



[i]Sulla figura di Brigida di Svezia e il suo rapporto con la cultura e le arti in Italia tra XIV e XV secolo si veda: M. C. Campone, Brigida di Svezia. Regina di profezia, Milano 2012. Riguardo l’iconografia della Vergine in adorazione del Bambinonella pittura toscana e i suoi rapporti testuali con le Rivelazionidella santa si veda: G. L. Podestà, Dalla visione di Brigida di Svezia all’Adorazione di Filippo Lippi, in Filippo Lippi. La natività, a cura di P. Biscottini, catalogo della mostra (Milano, Museo di Sant’Eustorgio, 16/11/2010 – 30/1/2011), Cinisello Balsamo 2010, pp. 35-53.

[ii]M. P. Mannini, M. Fagioli, Filippo Lippi: catalogo completo, Firenze 1997, nn. 52-53. Sulla reiterazione dei modelli di Lippi a partire dagli anni ‘70: L. Venturini, Modelli fortunati e produzione in serie, in Maestri e botteghe. Pittura a Firenze alla fine del Quattrocento, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Strozzi, 16/10/1992 – 10/1/1993).

[iii]Sul gruppo stilistico già assegnato allo Pseudo Pier Francesco Fiorentino si veda: F. Zeri, E. Gardner, Italian Paintings. A Catalogue of the Collection of The Metropolitan Museum of Art, Florentine School, New York 1971, pp. 106–8; A. Padoa Rizzo, Il percorso di Pier Francesco Fiorentino, in “Commentari”, XXIV, 1973, pp. 154-175.

[iv]Sulle frequenti Adorazionidi Francesco Botticini si veda L. Venturini, Francesco Botticini, Firenze 1994, pp. 125-128, nn. 67-82.

[v]Sul pittore: A. Padoa Rizzo, Proposte per l’attività giovanile di Jacopo del Sellaio, in Scritti di storia dell’arte in onore di Ugo Procacci, Milano 1977, pp. 278-293; N. Pons, Una predella e altre cose di Jacopo del Sellaio, in “Paragone”, 487, 1990, pp. 46-52; C. L. Baskins, voce Jacopo del Sellaio, in Dizionario Biografico degli Italiani, 62, Roma 2004, pp. 87-90; N. Pons, Ricerche documentarie su Jacopo del Sellaio, in Invisibile agli occhi, a cura di N. Baldini, Atti della giornata di studio in ricordo di Lisa Venturini (Firenze, Fondazione Roberto Longhi, 15/12/2005), Firenze 2007, pp. 29-36.

[vi]Sul rapporto privilegiato tra il pittore e le confraternite e le numerose commissioni che gliene derivarono (a lui come pure al suo socio Filippo di Giuliano) si rimanda a: A. Padoa Rizzo, L’ altare della Compagnia dei Tessitori in San Marco a Firenze: dalla cerchia di Cosimo Rosselli al Cigoli, in “Antichità viva”, 1989, 4, pp. 17-24; N. Pons, Jacopo del Sellaio e le confraternite, in La Toscana al tempo di Lorenzo il Magnifico: politica, economia, cultura, arte, Atti del Convegno di studi (Università degli Studi di Pisa, di Siena e di Firenze, 5-8/11/1992 ), Pisa 1996, I, pp. 287-295.

[vii]F. Zeri, Italian paintings in the Walters Art Gallery, Baltimore 1976, I, pp. 97-98, n. 61; da notare nello stesso museo, in ragione della prossimità della composizione col nostro dipinto, pure la Madonna in adorazione del Bambinooggi generalmente considerata opera di bottega di Jacopo (inv. 37631).

[viii]B. Sweeny, John G. Johnson Collection. Catalogue of Italian paintings, Philadelphia 1966, p. 70, n. 52.

[ix]N. Pons, Problemi di collaborazione e compagnie di artisti: cassoni e spalliere di Jacopo del Sellaio, Biagio d’Antonio e Bartolomeo di Giovanni, in Virtù d’amore. Pittura nuziale nel Quattrocento fiorentino, catalogo della mostra (Firenze, Galleria dell’Accademia e Museo Horne, 8/6 – 1/11/2010), Firenze 2010, pp. 130-131.

[x]La nota dell’attribuzione da parte di Venturi si ricava proprio dall’immagine della Fototeca Zeri: Bologna, Alma Mater Studiorum, Fondazione Federico Zeri, Fototeca: busta 0179 (Pittura italiana sec. XV. Firenze. Jacopo del Sellaio, Maestro di Santo Spirito), fascicolo 2 (Jacopo del Sellaio: Madonne con Bambino, angeli o santi 1), scheda n. 17106.