Giovanni da Udine , cerchia di

(Udine, 1487 - Roma, 1564)

Greenland Gyrfalcon (Falco rusticolus)

carboncino nero e rosso, penna e pellennlo su carta
241 x 134 mm (9.49 x 5.28 inches)

Campi obbligatori*

Giovanni da Udine , cerchia di

(Udine, 1487 - Roma, 1564)

Girifalco Bianco Giovane sul blocco (Falco rusticolus)

carboncino nero e rosso, penna e pellennlo su carta
241 x 134 mm (9.49 x 5.28 inches)

Rif: 0231

Conservazione:

Un girfalco dal piumaggio chiaro è descritto mentre staziona sul blocco, consueto appoggio usato durante le battute di caccia; lo sguardo attento e perspicace rappresenta bene l’indole dell’uccello, dall’aspetto altero e regale.

Nella falconeria medievale – come pure nei primi secoli dell’età moderna –, i girifalchi erano prerogativa dell’alta aristocrazia e dei sovrani. Talvolta erano preziosi doni per i re, al punto che il titolo di ‘Maestro falconiere’ – ovvero di colui che si prendeva cura dei falconi reali e organizzava le uscite di caccia – divenne presto fra i più ambiti all’interno delle corti. Nel 1406 il re Carlo VI istituì la carica di ‘Gran falconiere di Francia’, uno dei Grandi uffici della Corona, incarico governativo a tutti gli effetti. Non sorprende dunque, data l’importanza della caccia nel cerimoniale del potere, che il girifalco venga raffigurato spesso insieme ai ritratti dei sovrani nei codici miniati: chi associò regolarmente la sua immagine a quella del suo fido falcone, fu l’imperatore Federico II di Svevia, autore nondimeno del più celebre trattato di falconeria medievale, il De arte venandi com avibus. Lo stesso Federico II aveva come falconiere il cavaliere tedesco Guicennas, autore anche lui di un trattato, il De arte bersandi, in parte desunto dal testo del falconiere arabo Moamin – testo fatto tradurre in latino proprio da Federico II presso la corte di Palermo.

Il nostro disegno si colloca più avanti nel tempo, attorno alla metà del Quattrocento, in un’area che è agevole riconoscere in quella lombarda: non è difficile individuare, nella tenuta minuziosa del tratto di penna, come nel sottile chiaroscuro che delinea le piume, l’eredità delle miniature dell’Offiziolo di Gian Galeazzo Visconti e dei disegni del Taccuino di Giovannino de’ Grassi. I modelli di Giovannino, mediati dalle frequenti miniature di Michelino di Besozzo e del geniale anonimo oggi noto col nome di ‘Maestro del libro dei modelli Mitchell’, diedero vita ad una tradizione illustrativa del mondo naturale che rimase in voga in tutta l’Italia padana fino alla fine del secolo: restano a testimonianza di questa temperie culturale numerosi disegni anonimi, ma di notevole qualità come il nostro, nelle più importanti collezioni museali del mondo (dalla Morgan Library di New York al British Museum di Londra); segno di una civiltà figurativa che, più d’ogni alta prima, riusciva a scrutare gli aspetti minuti della natura e degli animali senza rinunciare – pur nell’estrema precisione nella resa delle figure – ad uno sguardo stupito e intimamente partecipe al mistero della vita.