Francesco Zanin

(Nove 1824 - 1884 Nove)

Venezia, Piazza San Marco dal Caffe' Quadri, 1864

tempera su cartoncino, 10,2 x 17,6 cm (4.02 x 6.93 inches)

  • Riferimento: 796

Firmato e datato
Zanin Fran:co 1864

La facciata della basilica di San Marco a Venezia e il fianco di Palazzo Ducale sono descritti da un punto di vista poco consueto, collocato all’interno del portico delle Procuratie Vecchie, immediatamente prima dello sbocco della Merceria dell’Orologio. Nella piazza, su cui si ergono i pennoni portabandiera con le basi in bronzo, simbolo della cittadinanza veneziana e della sua storia, si radunano piccoli gruppi di figure abbigliate in modo vario: le acconciature, soprattutto quelle femminili, sembrano riportare ad un gusto di marca settecentesca, in un quadro d’insieme che tuttavia non pare trasposto in un’epoca passata quanto piuttosto partecipe della vita contemporanea nella seconda metà del XIX secolo.

Questo bel foglio, dipinto ad acquerello, è firmato in basso a sinistra da Francesco Zanin e datato 1864. Si tratta dunque di un’opera sicuramente riferita – l’autografia della firma non può essere messa in dubbio poiché compare con la stessa formula (“Zanin Fran.co”) e grafia e quasi sempre nello stesso punto della composizione, in basso sul margine sinistro, nella maggior parte delle opere del catalogo di questo autore – e perfettamente collocata nel tempo: documento dunque di costume sulla vita veneziana negli ultimi anni di dominazione austriaca, quando la città appare investita da un vero e proprio fervore di rinnovamento. È questa l’epoca in cui vengono costruiti il Ponte dell’Accademia e il Ponte degli Scalzi per permettere alla cittadinanza di muoversi da un sestiere all’altro più agevolmente anche a piedi. Ed è l’epoca in cui soprattutto col ponte ferroviario fino a Mestre e con l’edificazione della stazione in luogo della chiesa di Santa Lucia (abbattuta nel 1861), Venezia termina finalmente la sua storia millenaria di isolamento viario: la città, ora raggiungibile via terra, conosce un incremento straordinario di presenze di viaggiatori e turisti, per la fortuna naturalmente di albergatori e attività commerciali. I portici delle antiche Procuratie in Piazza San Marco (quelle ‘vecchie’ completate nella prima metà del Cinquecento su progetto di Jacopo Sansovino e quelle ‘nuove’ di un secolo più tarde edificate secondo il disegno di Vincenzo Scamozzi) si popolano di caffè e punti di ritrovo, e nelle Mercerie (le arterie che conducono dal Ponte di Rialto a Piazza San Marco) lussuosi negozi alla moda prendono il posto delle piccole botteghe artigiane. In questa fase gli artisti sembrano perfettamente consapevoli di vivere un periodo di grandi trasformazioni. Da un lato quindi tendono a cercare nella tradizione le certezze identitarie delle quali avvertono lo sgretolamento in atto; ma d’altro canto sono anche affascinati da quest’eccitazione per il nuovo. I dipinti di veduta – genere in cui ovviamente si riconosceva più che in ogni altro la tradizione veneziana fin dai tempi della Repubblica – realizzati in questa fase recano il segno di questo duplice atteggiamento intellettuale[i]: da un lato si sceglie di copiare le vedute di Canaletto e di Guardi, quasi si volesse cristallizzare attraverso l’esercizio della replica la memoria dell’ultima stagione della Serenissima; d’altra parte tuttavia nelle vedute elaborate ex novo, come quella qui esposta, protagonista diventa la cittadinanza, con le figure umane descritte a grandezza naturale – e non volutamente rimpicciolite come avveniva nel Settecento – a interpretare con la loro vita quotidiana il senso di mutamento e di metamorfosi storica che si respirava in laguna in quella fase.

Francesco Zanin, pittore ingiustamente ignorato dalla critica per oltre un secolo per essere poi recuperato nel suo valore nell’ultimo decennio con numerosi contributi, è testimone autorevole della temperie culturale veneziana dalla metà del secolo fino all’inizio degli anni ’80 dell’Ottocento[ii]. Fu difatti al contempo uno dei più validi copisti di Canaletto e uno degli interpreti più perspicaci della sua epoca. L’abitudine a siglare i lavori ed una frequente operosità - soprattutto nella fase matura della carriera – rendono il suo nome uno dei più consueti oggi sul mercato. Notevole è la produzione su tela, come pure quella ad acquerello su carta. Non digiuno di competenze di fotografia, il suo stile si distingue per la disinvoltura dei passaggi chiaroscurali con un rapporto fra le zone di luce e quelle d’ombra all’insegna di una franchezza nel pennello che lo avvicina all’indole delle vedute di Federico Moja, suo maestro nel disegno di architettura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia[iii]. In questo foglio la scelta di un punto di vista all’interno del portico rimanda a precedenti canalettiani: l’impressione della luce, indagata con una mirabile leggerezza nel tocco – che diventa ancora più fine in lontananza – è marcata dal contrasto con l’ombra in primo piano, come avviene nel famoso Capriccio con portico in prospettivadi Canaletto, oggi alle Gallerie dell’Accademia, non a caso una delle composizioni dell’artista settecentesco più spesso replicate da Zanin[iv]. Le figure umane, condotte secondo una linea di contorno molto rapida, attestano che l’opera sia stata verosimilmente elaborata su disegni dal vero. La fantasia delle fogge dell’abbigliamento risente della poetica neosettecentesca che Meissonier a Parigi e Guglielmo Ciardi (tra gli altri) a Venezia andavano sperimentando negli stessi anni. Tuttavia dall’opera non scaturisce nessuna impronta di elegia malinconica; a marcare le pose delle figure di questa istantanea è un carattere di nervoso movimento, quasi a comunicarci e farci partecipi dell’irrequietezza che si avvertiva nel continuo vociare dei cittadini, all’ombra delle immobili ed eterne “pietre di Venezia”. 

 



[i] I. Reale, Appunti sulla veduta veneziana dell’Ottocento, in Lo Splendore di Venezia. Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell’Ottocento, a cura di D. Dotti, catalogo della mostra (Brescia), Cinisello Balsamo 2016, pp. 32-51.

[ii] Su Zanin si veda: F. Magani, Francesco Zanin: un “Canaletto” nell’Ottocento, Milano 2008; E. Catra, Francesco Zanin, pittore veneto dell’Ottocento veneto. Documenti e notizie, in Il Vasaio innamorato. Scritti per gli ottant’anni di Alessio Tasca, a cura di E. Prete e N. Stringa, Treviso 2010, pp. 55-57; L. Moretti, Francesco Zanin (1824-1884), vedutista veneziano, in “Arte veneta”, LXVIII, 2012, pp. 284-291; D. Succi, Il fiore di Venezia: dipinti dal Seicento all’Ottocento in collezioni private, Gorizia 2014, pp. 357-360, nn. 285-287; F. Giannini, Francesco Zanin (Venezia 1824-1884), in L’istinto del collezionista. I dipinti della raccolta Carlo De Benedetti, Firenze 2015, pp. 102-117; D. Dotti, in Lo Splendore di Venezia. Canaletto, Bellotto, Guardi e i vedutisti dell’Ottocento, a cura dello stesso, catalogo della mostra (Brescia), Cinisello Balsamo 2016, pp. 184-187, nn. 58-59.

[iii] Moretti cit., 2012, p. 285.

[iv] Magani cit., 2008, pp. 14, 20, fig. 9; Giannini cit., 2015, pp. 107, 112.

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